La Corte di Cassazione ha recentemente emesso un’ordinanza (n. 1960 del 18 gennaio 2024) che chiarisce importanti questioni riguardanti l’imposta di registro nell’ambito dell’aumento di capitale sociale, specificamente quando questo è realizzato tramite l’imputazione di un finanziamento del socio, concluso in forma orale con la società.

In sintesi, la Corte ha stabilito che l’imposta di registro non si applica a tale situazione, poiché l’imputazione comporta la cessazione degli effetti propri del finanziamento. Questo principio si basa sull’articolo 22, comma 2 del DPR n. 131 del 1986, che prevede la non imponibilità quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione.

La controversia alla base di questa decisione ha coinvolto un notaio che ha impugnato un avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia aveva recuperato l’imposta di registro in relazione al finanziamento soci enunciato in un verbale assembleare redatto dal notaio.

Il professionista ha sostenuto che l’obbligo di registrazione e la responsabilità ad esso connessa spettano al notaio solo per gli atti da lui redatti e non per quelli enunciati. Inoltre, ha affermato che, nel caso specifico, non ricorrevano gli estremi dell’enunciazione rilevante ai fini dell’imposta di registro.

Il ricorso è stato inizialmente rigettato in primo grado, decisione poi confermata in appello. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, ritenendo fondato il motivo di violazione dell’articolo 22 del DPR n. 131 del 1986.

La Corte ha sottolineato che, nel contesto dell’imposta di registro, la delibera assembleare di aumento del capitale sociale, realizzato mediante l’imputazione di un finanziamento del socio, non è assoggettabile all’imposta. Anche nel caso in cui sia presente l’enunciazione di un precedente finanziamento non registrato, l’imputazione determina la cessazione degli effetti propri del finanziamento, configurando così la causa di non imponibilità prevista dall’articolo 22, comma 2 del DPR n. 131 del 1986.

La Corte ha chiarito che l’esclusione dell’imposta si verifica quando gli effetti delle disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Nel caso in esame, il finanziamento ha cessato i suoi effetti a seguito della definitiva imputazione a capitale della somma versata dal socio alla società.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e accolto il ricorso originario, confermando che, con la cessazione del finanziamento in virtù dell’imputazione a capitale, si configura la causa di non imponibilità ai sensi del DPR n. 131 del 1986.

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